Nella cappella di Teodolinda, all’interno del Duomo di Monza, la famiglia di artisti Zavattari dipinse nel 1444 il famoso ciclo di affreschi incentrato sulla corte longobarda, importante documento di arte tardogotica lombarda a tematica cortese. Impreziosita dalla tenuità e delicatezza dei colori, su paesaggi senza sfondo, si manifestano banchetti, cacce, cortei, funerali, parate e ambascerie. Teodolinda si muove col suo seguito tra cavalieri, dame, guerrieri, cavalli e cani, in uno spaccato di moda, lusso e raffinatezza di corte barbarica in cui il tema laico diventa quasi cronaca frammista di fiaba e leggenda.
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La Chiesa di Monza
In territorio di rito religioso ambrosiano, il clero monzese adotta invece quello romano, in quanto la regina longobarda Teodolinda, cattolica ma seguace dello Scisma dei Tre Capitoli (in contrasto col Papa e l’Arcivescovo di Milano) volle seguire il rito del patriarca di Aquileia e poi quello romano. Neppure i tentativi di San Carlo Borromeo, nel XVI secolo, riuscirono a portare il rito ambrosiano a Monza e ancora oggi l’Arciprete di questa città si distingue in costume e privilegi (scorta armata di alabardieri) da tutto il clero della diocesi.
Miracolo del grano
Durante una crudele carestia che colpì la zona dove sorgeva l’Ospedale dei poveri fondato da San Gerardo, tutte le provviste si esaurirono presto, lasciando botti e granai vuoti. Alla grande richiesta di viveri dei supplicanti e degli affamati, San Gerardo ordinò ai suoi conversi, di ritorno dai magazzini vuoti, di continuare la distribuziuone di cibo. Miracolosamente, di fronte all’incredulità dei conversi, granai e botti erano di nuovo pieni fino all’orlo.
Miracolo delle ciliegie
Spesso San Gerardo è raffigurato in statue ed illustrazioni con un bastone di ciliegie in mano. Questo fatto risale ad un miracolo, a lui attribuito, avvenuto presso la basilica di San Giovanni. Il santo, in pieno inverno, chiese agli Ostiani di poter restare di notte nella chiesa a pregare, promettendo in cambio un canestro di ciliegie fresche. La mattina seguente il miracolo avvenne, tra lo stupore di tutti.
Chiesa di Santa Maria in Carrobiolo
La Chiesa di Santa Maria in Carrobiolo risale al periodo gotico, eretta nel 1232 e terminata nel 1259. Gli Umiliati del convento vicino ne tennero possesso fino al 1573, lasciandolo dopo, e fino ai tempi recenti, ai Barnabiti. L’abbattimento nel 1573 della diroccata Chiesa d’Ognissanti fece trasferire il suo titolo in una delle cappelle minori di Santa Maria. Tra le caratteristiche artistiche della Chiesa c’è il campanile in stile lombardo, costruito nel 1339 dagli stessi Umiliati, e la parte posteriore del tempio, sul Lambro, che curiosamente allora costituiva la facciata. L’Arcivescovo San Carlo Borromeo la consacrò nel 1584, incorporandovi i beni della soppressa Chiesa di Sant’Agata. Il convento dei Barnabiti presso la chiesa avviava i giovani al sacerdozio.
Miracolo del mantello
Durante un’inondazione avvenuta nel 1177, il fiume Lambro uscito dagli argini arrivò a lambire l’Ospedale dei poveri fondato da San Gerardo, impedendovi l’accesso e rendendo pericoloso restare nell’edificio. Gerardo accorse, pose il suo mantello sulle acque e salitovi sopra riuscì a passare da riva a riva incolume. Ordinò poi che le acque si calmassero di fronte alla sofferenza degli infermi e il fiume si acquietò di colpo. E’ consuetudine per i monzesi, ogni 6 di giugno, porre le statue di San Gerardo sull’acqua del Lambro, rievocando il miracolo del mantello.
Evangelistario
L’Evangelistario del Tesoro del Duomo si presenta come un prezioso cimelio di oreficeria risalente al VI secolo. Il manufatto era utilizzato come copertura di libri liturgici e Vangeli. L’Evangelistario è formato da due tavole d’oro inquadrate in un fregio a compasso con lastrine d’oro sorgenti dal fondo: queste ultime sono riempite di granati di squisita fattura, che danno al fregio l’apparenza di essere smaltato. Le due lastre sono suddivise in quattro spazi da una croce istoriata di perle, gemme e corniole, con quattro splendidi cammei tra le braccia. Sul braccio orizzontale, una scritta niellata, cioè smaltata in nero, reca queste parole: “Teodolinda regina gloriosissima offre a San Giovanni Battista questo dono, nella basilica da lei stessa fondata in Monza, vicino al suo palazzo”.
Monza in Età Comunale
L’arrivo dell’imperatore Federico Barbarossa, nel XII secolo, riscattò Monza dalla sudditanza del più potente comune di Milano, geloso della sua autonomia e splendore (era sede dell’incoronazione di sovrani). Città prediletta dal Barbarossa, che vi scese due volte (nel 1158, quando elegge la città a “sedes regni Italici”, e nel 1163, dopo la distruzione di MiIlano per mano sua), Monza continua a prosperare e ad accrescersi in prestigio (vengono erette le prime mura). La sua importanza, soprattutto economica, si basa sull’artigianato, in special modo sulla lavorazione della lana. Viene costruito l’Arengario, simbolo di potere politico. Ma la partenza del Barbarossa alle Crociate e la sua morte causa la perdita dell’indipendenza di Monza, riassogettata a Milano nelle lotte comunali. Anche Monza fu soggetta alla divisione tra guelfi (Magantelli) e ghibellini (Stratoni). Dapprima prese le parti dei Torriani (1274) poi fu assediata da Ottone Visconti (1278).
Monza tra Ottocento e Novecento
Napoleone provoca la dispersione di parte del Tesoro del Duomo, riconvertendo parecchi edifici a carattere religioso. Monza viene finalmente dichiarata città nel 1816, prende in seguito parte ai moti d’indipendenza e vede incrementare la nascita di nuove industrie. Nel 1841 si inaugura la ferrovia Milano ““ Monza, la prima costruita nel nord Italia, e molte strade verso la Svizzera, che costituiscono simboli di grande importanza negli scambi commerciali con l’Europa. Nasce la prima Camera del Lavoro d’Italia e re Umberto I, salito alla reggenza nel 1878, sceglie Monza come residenza estiva e di campagna, alloggiando nella Villa Reale. Sul vialone antistante il palazzo, il 19 luglio 1900, viene ucciso dall’anarchico Gaetano Bresci: nel luogo dove cadde ora sorge il suo mausoleo con Cappella Espiatoria, innalzato dagli architetti Sacconi e Cirilli. In onore della regina Margherita, Monza presenta uno stile architettonico liberty, con motivi floreali che rimandano spesso alla margherita. L’assetto urbano muta nel ventennio fascista (Palazzo Municipale) e nel 1922 si costruisce il celebre Autodromo, che rende Monza famosa in tutto il mondo.
Monza sotto gli austriaci
L’avvento degli austriaci portò al culmine il periodo di rinascita di Monza, si svilupparono artigianato e agricoltura, fiorirono le prime ville monzesi (Villa Brambilla, Villa Pertusati, Villa Rampini, Villa Ubaldi etc). Maria Teresa d’Austria fa costruire nel 1777 la splendida Villa Reale mentre l’architetto Piermarini edifica anche il Teatro Arciducale, distrutto da un incendio nel 1802. L’attività tessile tocca il suo massimo sviluppo con il sorgere di molte filande ed opifici.
Monza sotto gli Spagnoli
Francesco II Sforza concede la città di Monza allo spagnolo Antonio de Leyva e ai suoi discendenti (cui apparteneva la celebre Monaca di Monza di manzoniana memoria). Il “sieglo d’oro” degli spagnoli si tradusse per Monza in una grave pestilenza che decimò la popolazione. Il fiume Lambro venne utilizzato per i primi insediamenti industriali: le pale dei mulini azionate dall’acqua favorirono il sorgere di lanifici e setifici, che raggiunsero presto il primato produttivo, mantenuto per due secoli. Gli spagnoli tennero Monza sino al 1648, cedendola poi per 30.000 ducati d’oro al banchiere milanese Giovan Battista Durini, che inaugurò un periodo di rinascita economica e culturale fino al 1796.