Un nuovo, emozionante Museo ipogeo per presentare, per la prima volta in modo organico, tutti i capolavori del celeberrimo Tesoro del Duomo di Monza.
Sarà inaugurato il prossimo 8 novembre 2007, dopo 10 anni di lavori durate i quali il nuovo Museo è stato scavato e realizzato sotto il complesso dell’antica Cattedrale voluta da Teodolinda, Regina dei Longobardi. A “firmare” la nuova architettura è Cini Boeri, con l’apporto, per l’immagine coordinata, di Pierluigi Cerri e di due “maghi” dell’illuminotecnica come Serena e Francesco Iannone. Il nuovo Museo, direttamente accessibile dal esterno, è articolato su due livelli modellati al loro interno con grande sensibilità da Cini Boeri, che ha sapientemente interpretato il desiderio della committenza di poter contare su di una struttura il più flessibile e polivalente possibile che, oltre alle collezioni permanenti, potesse ospitare anche mostre temporanee, eventi musicali, conferenze e incontri.
A finanziare integralmente la complessa opera sono stati Carlo e Titti Gaiani, mecenati monzesi che hanno volto garantire una nuova “casa” ai tesori accumulati durante i millecinquecento anni di storia della Cattedrale di Monza.
Il percorso del nuovo Museo – che sarà tra i più importanti al mondo del suo settore -inizia dalla stessa Cattedrale ed esattamente dall’altare su cui è custodita la Corona Ferrea, con la quale furono incoronati ben 120 imperatori e re, da Federico Barbarossa a Napoleone Bonaparte.
Storia e leggenda si intrecciano alle origini del Tesoro del Duomo di Monza che, con i suoi pezzi di raffinata bellezza e di incomparabile valore storico e artistico, rappresenta da secoli l’orgoglio della città insieme alla basilica cui fu donato e che lo ha custodito – dopo sottrazioni e restituzioni – fino ad oggi. Basilica che, proprio per la presenza del Tesoro, fu teatro di avvenimenti religiosi e politici narrati nei rilievi, negli affreschi e nell’apparato decorativo dell’intero edificio.
Lo straordinario complesso degli oggetti d’oro e d’argento donati dalla regina Teodelinda alla fondazione della chiesa longobarda e da Papa Gregorio Magno al battesimo del figlio Adaloaldo (603), si è arricchito nel tempo con ulteriori donazioni da parte di importanti regnanti e uomini di chiesa, quali Berengario I, re d’Italia nell’888, e Ariberto da Intimiano, arcivescovo di Milano dal 1018. Il complesso di oggetti venne trasferito dalla sacrestia nel quale giaceva da anni al Museo Filippo Serpero, spazio espositivo voluto dalla Parrocchia nel 1963.
La nuova area espositiva è di complessivi 1400 mq e trasforma il “Serpero” – del quale si prevede in futuro il restauro integrale – nella sezione d’apertura di un più vasto e complesso percorso di visita che confluisce in un unico grande vano.
La scelta e l’ordinamento delle opere prevede due nuclei espositivi ben armonizzati tra loro, anche se strutturalmente distinti, che riflettono la ripartizione del patrimonio in altrettante sezioni, assumendo come sparti acque il 1300, anno in cui la famiglia Visconti decide di rifondare l’edificio voluto da Teodolinda nel VI secolo, in occasione del primo Giubileo di papa Bonifacio VIII. Pertanto, nella prima parte del percorso sono esposte le opere provenienti dalla prima basilica, mentre nella seconda è testimoniata la storia del Duomo e del Tesoro dal Trecento ad oggi.
Due vicende che continuano ad intrecciarsi ancor oggi, anche grazie all’importanza storica e simbolica nei secoli sia della regina Teodelinda sia della Corona Ferrea, uno dei simboli religiosi e politici dell’occidente almeno fino al XX secolo.
Il percorso è stato ripartito in quattro grandi sezioni. Mantenuto l’asse cronologico come presupposto essenziale, il patrimonio è stato aggregato secondo “temi forti”, che aiutassero a contestualizzare gli oggetti, a legarli tra loro e a metterli in relazione con il Duomo e con il tessuto urbano.
Quindi, dopo la parte dedicata al tesoro medievale, la prima sezione ha per oggetto l’età dei Visconti. Ad accogliere il visitatore è il ritratto di Giovanni Visconti, l’arcivescovo e signore di Milano che rese possibile la restituzione del Tesoro al Duomo dopo il trasferimento di quest’ultimo ad Avignone in conseguenza del trasferimento della sede papale. Si passa poi all’opera di Matteo da Campione, l’architetto al quale spetta – tra 1350 e 1396 – la rielaborazione della facciata, la realizzazione del battistero oggi scomparso e quella del pulpito per le incoronazioni imperiali che tuttora campeggia nella navata centrale. Il museo presenta una scelta delle lastre figurate a traforo e le celebri “testine” provenienti dai ‘gugliotti’ della facciata. Il grande affresco della Messa di San Michele introduce il tema della “fortuna” di Teodelinda nel Trecento monzese e del mito delle incoronazioni imperiali. Accanto al dipinto sono collocati il frammento di Crocifissione attribuito a Michelino da Besozzo e i due capolavori dell’oreficeria tardogotica lombarda: il calice di Gian Galeazzo Visconti e la statuetta devozionale in argento di San Giovanni Evangelista, che ripete in scala minore il grande San Giovanni in rame proveniente anch’esso dalla facciata.
La seconda sezione – dal dominio degli Sforza alla metà del Cinquecento – presenta una sceltissima selezione di pitture su tavola – tra le quali svetta il polittico della Madonna in trono -; “L’ancona della Vergine”, uno dei più singolari incunaboli lombardi della pittura su tela, e il ricostituito polittico di terracotta di S. Pietro Martire. Una speciale attenzione è stata riservata alla grande vetrata del rosone di facciata, realizzato alla fine del Quattrocento e sostituito nel XIX, oggi ricomposto nel museo al centro di una parete di ben 12 metri di altezza.
Tra le testimonianze più straordinarie di questo periodo, anche in termini quantitativi, sono probabilmente le ricche serie di arazzi: i due grandi capolavori da cartoni di Arcimboldi con le storie di San Giovanni e i Millefleurs fiamminghi recentemente restaurati dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
La terza sezione è dedicata all’età dei Borromei, dei Durini e degli Asburgo c quindi al fiorire della grande decorazione barocca e tardobarocca. Accanto ai bozzetti del Legnanino e del Borroni è così ordinata una selezionata ed esemplificativa quadreria, mentre in bacheche sono disposti gli oggetti liturgici più significativi.
La quarta e conclusiva sezione è aperta dai bozzetti in gesso realizzati da Angelo Pizzi su disegno di Andrea Appiani per il ciborio neoclassico dell’altare maggiore, realizzato tra lo scadere della dominazione asburgica e la prima età francese quando il Tesoro prende la via di Parigi (i codici verranno tutti rilegati in marocchino rosso con le insegne di Napoleone) e la Corona Ferrea torna simbolo delle antiche incoronazioni imperiali, prima con Napoleone e poi con Ferdinando I d’Asburgo.
A sottolineare il legame con il presente, ampio spazio è stato dato sia all’arte contemporanea che alla recenti donazioni, a partire dal riordino degli avori medievali della collezione Durini-Trotti o all’esposizione della Crocifissione lignea concessa dai Fossati. Tra le opere di artisti contemporanei esposti nel nuovo Museo, la Crocifissione di Lucio Fontana, il Cristo Risorto di Luciano Minguzzi e i cartoni di Sandro Chia per le vetrate dedicate a Sant’Ambrogio e a San Carlo Borromeo, vetrate che saranno collocate in Duomo in occasione dell’apertura del nuovo Museo.
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